Le regole del food cost
2 Marzo 2017
Il food cost ha le sue regole. Di buon senso e di pura strategia. Queste regole consentono al gestore di un bar o di un ristorante di tenere sotto mano, giorno dopo giorno, quanto gli costa anche un solo singolo piatto. Chi decide di non considerare il food cost, ma di regolarsi a occhio, sceglie la strada dell’approssimazione, che non sempre risulta vincente. Si pensi all’inserimento di un nuovo piatto nel menù, con un ingrediente molto costoso. Con l’idea che questo piatto arrivi al successo in poco tempo, il gestore non avveduto fa una scorta esagerata di prodotto, che non solo diventa un peso a magazzino, ma uno spreco nel momento in cui il successo atteso non si presenta.
Non si tratta di essere formichine maniache della precisione, ma imprenditori saggi: non si seguono, forse, per una buona gestione del locale, gli orari di apertura e chiusura? Le regole Haccp, la pulizia, le rotazioni di prodotto a seconda delle stagioni? Perché non si dovrebbe considerare con la dovuta importanza anche il costo del cibo che si serve alla clientela?
Chef Ruggero De Lazzari, responsabile dell’Academy di Ristopiù Lombardia, lascia a tutti gli operatori dell’Horeca una serie di consigli preziosi: innanzitutto, il food cost va calcolato tenendo presenti quattro aspetti: il massimo food cost ammesso, quello attuale, quello potenziale e quello standard. Occorre poi ricordare che i sistemi di acquisto e stoccaggio possono contribuire a generare problemi, proprio di food cost. inoltre, questo è l’elemento fondamentale, occorre prevedere, per ciascun tipo di piatto, il numero che verrà venduto, basandosi sulle percentuali di vendita precedenti, sulla stagionalità e sulla tipologia di domanda.
Anche scarti e sprechi devono essere tenuti sotto controllo, ricordandosi di tenere traccia, in forma scritta, di quanto si è rilevato.
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