Il consumatore visto dal Censis
21 Aprile 2017
Marco Picotti – È datato 23 marzo il comunicato stampa del Censis “Il futuro dell’alimentazione tra stili di vita contemporanei e nuovi modelli di fruizione” che racconta di un italiano molto più attento di quanto ci si aspetterebbe.
Il cibo torna a essere elemento d’interesse centrale (il 91% si dichiara attratto), guidando la spesa degli italiani e ponendo come prima discriminante non il prezzo, bensì, nell’ordine: la trasparenza delle informazioni (94,4%), la funzionalità (88,4%), la salute (84,6%) e l’eticità (83,5%). L’italianità è poi un elemento essenziale, per il quale l’85,5% è disposto a spendere di più.
Queste notizie stravolgerebbero la percezione che tanti ristoratori hanno, ovvero che l’offerta “all you can eat” avrebbe totalmente sbaragliato ogni altra forma, obbligando a una scelta simile ogni tipologia di locale. Potrebbe essere la dimostrazione matematica di una moda verso il tramonto o, meglio, di una sorta di ravvedimento degli clienti, capaci di valutare anche la qualità, oltre che la quantità e il prezzo.
Un altro dato interessante è che il cibo pronto o semi pronto viene normalmente acquistato da 31 milioni di persone: tra queste, 26 milioni prediligono il cibo salutistico e 19,4 milioni comprano il take-away on line, rivelando che cibo precotto e salutistico vanno a braccetto.
Ma non basta, il consumatore vuole capire sempre più cosa mette in tavola e, per farlo, il 74,2% dei cosiddetti “Millennial” si informa preventivamente in rete, utilizzando Internet non solo per i Social, ma anche per diventare più consapevoli.
La marca poi che, soprattutto a causa della recessione, pareva non essere più una discriminante, torna in auge. Il 71,1% la predilige quando si tratta di prodotti salutistici, mentre il 69,9% è attento al brand riferito a cibi pronti o semi pronti. Nel caso del take-away, il brand è riferito all’insegna del locale o alla piattaforma di prenotazione dell’acquisto on line, divenendo motivo di scelta.
Anche questi dati paiono in controtendenza rispetto alla crescita dei discount di questi ultimi anni: che ci siano i segni precursori di una svolta? E, se così fosse, siamo pronti?
Dopo un calo dei consumi alimentari che tra il 2009 e il 2016 ha visto un decremento del 10,9%, oggi la quota di spesa alimentare delle famiglie si assesta al 14,3% sul totale dei consumi (di questo, l’86% è destinato all’acquisto di “cibi particolari”). Un’ulteriore dimostrazione della propensione a spendere a fronte della garanzia di qualità e tipicità.
Siamo preparati a soddisfare le esigenze che emergono da questa indagine di mercato o forse sarebbe opportuno rimodulare alcune variabili? Anticipare le esigenze del cliente è una forma di attenzione che può fare la differenza e, se le percentuali ci danno ragione, il ritorno alla cucina tradizionale, l’uso di prodotti certificati e tracciabili – magari a chilometro zero – unito alla comunicazione di tutto ciò, potrebbero rappresentare “la marcia in più” per la nostra attività.