Chi ce l’ha con la crema di nocciole?
22 Dicembre 2016
Nei mesi passati si sono verificati fatti curiosi: la più importante e conosciuta crema di nocciole a marchio italiano è rimasta, suo malgrado, sotto i riflettori di coloro che ne hanno messo in dubbio non la bontà, ma la naturalità e salubrità. Questo prodotto si è trovato così in balia di coloro che contrastano l’uso dell’olio di palma, dei prodotti con molto zucchero. È stata messa a confronto con altre referenze simili, però bio. Insomma, un polverone. Questa battaglia, molto dura nei confronti di un unico prodotto, di una precisa marca, ci deve fare riflettere: gli aspetti della questione sono davvero molti, alcuni inquietanti.
Primo: non è detto – non sempre – che i giornali scrivano per il “bene” del lettore, che siano cioè imparziali. Spesso cavalcano anche loro un’onda (in questo specifico caso, l’onda del salutismo che sta riscuotendo incredibile successo tra i consumatori).
Secondo: le battaglie fatte con “sentimento” lasciano il tempo che trovano, a meno che non siano avvalorate da dati scientifici. Ed è altrettanto ovvio – come nel caso dei fast-food – che per i cibi si parli sempre di un consumo moderato, non di abbuffate quotidiane capaci di rovinare stomaco e fegato. Il problema è che, mentre la buriana passa, il prodotto sotto attacco perde punti a volumi e a valore.
Terzo: oggi è toccato alla crema di nocciole, felici tutti gli altri produttori di salse, anche salate; di prodotti da forno; di dolcetti e biscotti. Di patatine, di snack e di prodotti in qualche modo appartenenti alla categoria delle referenze “edonistiche”. Peccato che la ruota giri, e che le guerre sul cibo possano innescarsi molto rapidamente, mettendo sotto la lente di ingrandimento, a caso, un qualunque altro prodotto.
Quarto: il consumatore non deve mai essere preso in giro. Mai. Sta a noi non solo educarlo al consumo di cibi di qualità, ma fornirgli ogni genere di informazione che possa aiutarlo a condurre una vita sana e piacevole (senza mangiare ogni giorno solo una patata bollita). Se gli operatori dell’Horeca non si assumono questo compito, altri – vedi i giornali – lo faranno per loro.
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