Prima fidelizzo la squadra, poi i clienti
3 Ottobre 2016
Donatella Rampado
Come dice Richard Branson, fondatore di Virgin Group, “La lezione che ho imparato è che bisogna evitare di farsi carico dell’eredità di qualcun altro. Se le persone non hanno più l’entusiasmo e la determinazione per rilanciare l’azienda, è meglio che cerchiate un nuovo team. Talvolta può essere necessario ripartire da zero”.
Certo ripartire da zero è una possibile soluzione, tutti noi, almeno una volta, lo abbiamo pensato o ci siamo trovati a doverlo fare. Un modo per non subire i cali motivazionali dei propri collaboratori è quello di rendere i propri dipendenti “appartenenti”. Tutti gli imprenditori vorrebbero avere almeno un paio di “appartenenti” capaci di prendersi responsabilità e agire sempre e tempestivamente per il bene del gruppo (anche se questo dovesse comportare per esempio lavare i bicchieri se la lavastoviglie si guasta). Il cambiamento all’interno di un’azienda parte sempre dall’alto, ma non ha sviluppo se l’intero gruppo non si sente appartenente, se non è formato e se non è motivato a cambiare. Cito un vecchio adagio: “se fai quello che hai sempre fatto, otterrai quello che hai sempre ottenuto”. Se vi state chiedendo a questo punto che tipo di ricaduta sui clienti possa avere formare gli appartenenti, eccovi la risposta: “per avere clienti soddisfatti, bisogna avere collaboratori-appartenenti soddisfatti”.
Cosa fare: dare il buon esempio frequentando corsi di formazione e di aggiornamento; organizzare corsi di formazione e di aggiornamento per i propri collaboratori; accertarsi sempre che quando viene spiegata una mansione, un nuovo compito o un nuovo servizio, tutto sia stato compreso esattamente. Non basta il tipico “sì” in risposta, fate domande e monitorate che il compito venga svolto esattamente come richiesto.
Siccome non basta la parola, ma servono i fatti, ecco qualche idea: organizzate una buona biblioteca all’interno dell’azienda dove sia facile consultare i testi; effettuate verifiche e test periodici per verificare il grado di competenza e di servizio reale che viene offerto dai vostri collaboratori; fate in modo che gli appartenenti si sentano parte del gioco, con una serie di azioni costanti e soprattutto motivazionali.
Perché farlo? Perché si abbassa il turnover migliorando così la costanza del servizio; perché il sorriso e la gentilezza di un collaboratore fanno alzare il fatturato; perché condividere le mete porta al raggiungimento delle stesse; perché migliorare il clima aziendale migliora le performance.
Il nome che diamo ai pensieri, agli oggetti e alle situazioni ha una grande rilevanza in funzione di quanto accadrà. Ho sentito molti modi diversi di chiamare i collaboratori: dipendenti, branco di…, risorse, staff, squadra… Il modo con il quale i manager o i proprietari di un Bar si rivolgono ai membri del gruppo è già indicativo del futuro che quel gruppo potrà avere. È vero che un’azienda ha bisogno di un imprenditore per avviarla ed è altrettanto vero che l’imprenditore necessita di efficienti collaboratori per raggiungere le mete che si è prefissato. Il motto dovrebbe quindi essere: “Primo fidelizzo la mia squadra e poi i clienti!”.
http://www.selfbrand.it