Informare, sempre e comunque
25 Settembre 2017
“Aiuto, il mio cliente ne sa più di me”, afferma sconsolato un imprenditore di un bar che si è appena confrontato sul valore della quinoa nella dieta vegana.
Molte volte, per fortuna, l’apparenza inganna, quindi l’imprenditore può mettersi l’animo in pace. È vero che le persone sono mediamente più informate, rispetto a un tempo, relativamente a ciò che consumano. Ma è altrettanto vero che, in tantissimi casi, si tratta di conoscenze molto superficiali. Una testimonianza in questo senso viene fornita dall’Osservatorio Nestlé- Fondazione Adi, che ha provato a indagare quanto ne sappiano gli italiani di temi specifici.
Ecco qualche risultato: la conoscenza è buona in merito al lattosio e all’intolleranza correlata; non corretta in merito al lievito (secondo alcuni provoca intolleranza, ma non è scientificamente provato). Termini abbastanza complessi, come la nutrigenomica, sono poco conosciuti dagli italiani e mal interpretati, mentre anche in riferimento per esempio alla dieta povera di carboidrati nel caso di donne in dolce attesa, vi sono poche informazioni e molto silenzio (ossia gli intervistati non hanno voluto rispondere).
Questi dati, se da una parte preoccupano per l’ignoranza dilagante, devono spronare anche gli imprenditori di bar e locali a ragionare in ottica proattiva, il che significa:
- spiegare bene gli alimenti presenti nel menù
- raccontare la loro storia e provenienza
- precisare le proprietà nutrizionali, semplificando per quanto possibile il linguaggio
- non smettere di incuriosire, ossia di narrare al cliente perché avete scelto un certo prodotto e non un altro, e perché glielo proponete
L’educazione, vissuta in questo modo, diventa piacevole e di interessante fruizione.
Se il cliente non chiede più solo di mangiare, ma di mangiare bene e in modo sano, a noi il compito di confermargli, sia col prodotto che con l’operazione di marketing che vi abbiamo costruito attorno, che effettivamente proprio questo gli sta accadendo.