La “nuova strada” dello spot Carrefour
17 Marzo 2017
Giuseppe Arditi – In questi giorni sta passando in tv il nuovo spot Carrefour Italia, che ha per protagonisti – attori simpatici e provetti, ancorché non professionisti – Grégoire Kaufman, direttore commerciale e marketing dell’insegna, e Angelo Agnelli, amministratore delegato dell’azienda Baldassare Agnelli.
Vediamo bene espresso, in questa idea pubblicitaria, il concetto di “Ci metto la faccia”: è l’imprenditore in prima persona che prende sulle sue spalle la credibilità dell’azienda e la consegna al consumatore.
L’impatto è molto forte, esattamente come accade quando si osservano gli spot di Giovanni Rana o di Pata (in cui compare il titolare dell’azienda, Remo Gobbi).
Abbandonati per un attimo i classici testimonial, che pure – Jerry Scotti in primis – garantiscono fiducia, empatia, simpatia, un legame stretto con la marca, le aziende puntano su qualcosa di diverso, sulla reputazione veicolata attraverso visi che davvero rappresentano l’azienda e la vivono nel quotidiano.
Ma occorre uno sforzo ulteriore, per capire cosa si celi ancora più nel profondo: lo spostamento della comunicazione, nella direzione del brand. Ossia: non ti racconto più quanto sono buoni e belli i miei prodotti; non accarezzo la zucchina in piena notte; ti parlo di una iniziativa raddoppiando la posta in gioco, esponendo sia me – con i miei valori di riferimento – che l’azienda partner – con i suoi valori di riferimento -. In questo modo la potenza di fuoco viene raddoppiata e il consumatore viene condotto ad “allargare la mente”, ad abbandonare la scontata accoppiata supermercato e acquisto.
Se questa logica prende piede a livello di marketing, e il consumatore si abitua a volare più alto, e non più a considerare solo promozioni, scontistica, prodotto più o meno di qualità, ma il mondo di valori che vi sta dietro, anche noi operatori dell’Horeca dobbiamo attivarci. Ciascuno di noi, infatti, può, e forse deve, diventare protagonista di un modo nuovo di interpretare la vendita del calice di vino, del finger food, del trancio di pizza. Non è solo una questione di “cambio di narrazione”, ma di riposizionamento della comunicazione. A parlare dobbiamo essere noi, per conto dei nostri prodotti e del nostro servizio.